CAPITOLO II
Era una splendida giornata di sole, Yoko era affacciata alla finestra mentre Leyla, che si era appena svegliata, era intenta ad infilarsi i calzini.
- Mattiniera come al solito? - Domandò saltellando per la stanza.
- Lo sai, non dormo mai più di due ore a notte... - Rispose l'altra, osservando il giardino. sottostante, dove alcuni ragazzi con lo zaino in spalla si stavano dirigendo verso l'edificio centrale.
- Dopotutto è una scuola. - Costatò Leyla avvicinandosi alla finestra.
Yoko si voltò verso la porta, annusando.
- Arriva qualcuno. – Disse qualche istante prima che udissero bussare, Leyla andò ad aprire.
- Buongiorno! Dormito bene? - Era una ragazza dalla voce melodiosa, aveva dei lunghi capelli castani, i quali, ricadendo ai lati della fronte, si aprivano in due ciocche di colore bianco.
- Mi chiamo Rogue. Tu devi essere Yoko. - Fece rivolgendosi a Leyla che, prontamente puntò il dito verso l'amica che continuava a guardare fuori come se niente fosse.
- Oh, certo. Tu sei Leyla. Vi do il benvenuto a nome di tutti i membri dello staff e volevo avvisarvi che siete attese nello studio del professor Xavier per le presentazioni. -
Continuò gesticolando con le mani sulle quali, insolitamente per una giornata così calda, indossava lunghi guanti. Leyla ringraziò accompagnandola alla porta e si voltò verso Yoko che alzava gli occhi al cielo.
– Sarò ripetitiva ma li trovo carini. - Strizzandole l'occhio.
Si vestirono e scesero nell'androne, dove una donna nera dai capelli bianchi come la neve le accolse guidandole attraverso l’immenso edificio. Faceva anch'essa parte del personale docente e da quanto le ragazze riuscirono a capire, era uno dei cosiddetti “allievi veterani“ dell'istituto. Giunte nei pressi dello studio, Yoko fiutò l'aria in modo da determinarne il numero degli occupanti, era una vecchia abitudine. Erano in cinque.
Entrarono. Il professor Xavier alla scrivania, Mrs Grey, la donna rossa, era in piedi vicino ad una poltrona dove sedeva il tipo dai buffi occhiali. Sul divano di fronte era sprofondato una specie di felino dal pelo azzurro che masticava una gomma, dietro di lui, appoggiato alla spalliera era presente il diavolo tedesco.
Naturalmente il primo sguardo che incontrò Yoko, fu quello della rossa. Lo sostenne per diversi istanti, almeno fino a quando il professore non iniziò a parlare :
– Credo abbiate avuto modo di conoscere la maggior parte dei presenti, sono con me da diversi anni ormai e, da oggi, saranno a vostra completa disposizione. Non dovrete esitare nel chiedere loro consigli, né astenervi dal discutere dei vostri problemi. Sappiamo che le difficoltà che incontra un mutante nel quotidiano sono mille volte superiori a quelle di qualunque altro essere non dotato di doni speciali – Si spostò in direzione della donna e prendendole la mano continuò
– Lei è Jean Grey, insegnante di disciplina comportamentale e fisica, nonché dotata di qualità telepatiche e telecinetiche...una delle migliori in assoluto. Questo è suo marito Scott Summers, quelli che indossa non sono semplici occhiali da sole, ma lenti speciali al quarzo rubino che gli permettono di guardarsi intorno senza sprigionare dei raggi devastanti. Insieme a Logan, che ora è assente, si occupa dell'addestramento tattico e fisico dei giovani mutanti. - Girò la sedia a rotelle verso il felino: - Lui è Hank McCoy, il nostro “ dottore “. Insegna chimica presso i nostri laboratori e gestisce il reparto medico del padiglione qui accanto. Alle sue spalle Kurt Wagner, teleporta, coordina le attività creative del centro. -
Il demone agitò la coda in segno di saluto, mentre l’essere leonino inforcò gli occhialetti per inquadrarle meglio.
– La meravigliosa signora al vostro fianco, Ororo Munroe, dea degli elementi, segue alcuni allievi dotati di abilità al volo - Ororo fece un inchino.
- Avremmo piacere di conoscere le vostre attitudini – Interruppe Jean Grey, sedendosi sul bracciolo accanto al marito. - In modo da potervi indirizzare verso un migliore sistema di gestione delle capacità mutanti – Rivolgendosi, chissà per quale motivo, verso Yoko.
Le ragazze erano dunque invitate ad accomodarsi e ad esporre in maniera dettagliata, i loro poteri o doni o come altro preferivano chiamare quelle loro assurde qualità.
Iniziò Leyla che, torcendosi le dita nervosamente, cominciò il suo racconto :
– Mi chiamo Leyla Stevenson, sono nata a Baltimora. - Si interruppe guardando gli interlocutori.
Attese un attimo, poi
schiarendosi la voce, continuò : - Beh, fino a
dodici anni ero una ragazzina normale, come ce ne sono tante...poi un
giorno...insomma, ero a scuola, avevo preso un brutto voto al compito in
classe...non mi è mai piaciuto studiare però a quel compito ci tenevo davvero!
Ecco...bastava solo una sufficienza per andare avanti...avevo chiesto ad una
mia compagna di passarmi le risposte...e lei lo aveva
fatto, mah...Io la guardavo ridere assieme alle altre...mi aveva passato un
mucchio di fesserie, tutte risposte sbagliate!! E lei rideva. Cavolo, non so
cosa mi abbia preso, ma sentii un calore diffondersi qui sulla punta delle dita
e così successe. Avevo le mani poggiate sul foglio di carta e all'improvviso prese fuoco. La cosa bella fu che io non
avevo paura, guardavo le fiamme che man mano si propagavano in direzione di quell’antipatica e provavo una sensazione quasi di
...liberazione....di piacere. Accantonarono l'episodio
come “incidente dovuto ad autocombustione della carta”. Ma sapevo che ero stata
io a provocarlo! Così il pomeriggio successivo mi chiusi in camera e riprovai.
All'inizio niente. Mi sforzavo di concentrarmi, ma non succedeva nulla. Passai
quasi due ore in piedi, con le braccia tese verso un foglio che avevo sistemato
per terra in mezzo alla stanza, niente!! Pensai che
forse mi ero sbagliata, non ero magica. Però ricordai
che tutto era successo perché ero arrabbiata, il segreto era lì probabilmente,
così ripensai alla stupida che mi aveva deriso e provai di
nuovo quella sensazione di calore. Puntai le mani e aspettai. Si
cominciò a formare un piccolo cerchio marroncino al centro del foglio e immediatamente
capii che stava prendendo fuoco. Mi sforzai ancora di più e spuntò una bella
fiammella. La cosa che non avevo calcolato era “come riuscire a fermarmi?”
La fiamma aumentava e io
rimanevo là a guardarla, immobile. Fu come svegliarsi da un sogno, quando mi
resi conto del tempo trascorso, le fiamme avevano avvolto gran parte della
stanza, erano tutte intorno a me. Cominciai ad urlare e a piangere, chiamavo
mia madre. Lei entrò di corsa ma non fece più di
qualche passo, non poteva avanzare, le fiamme mi stavano avvolgendo, la camera
stava bruciando. Dio....che casino. Arrivarono i
vigili del fuoco e io sentivo la mia mamma che mi chiamava disperata. - Rimase
in silenzio mordendosi le labbra. Poi guardò Yoko e
trovò il coraggio di andare avanti : - Impiegarono
parecchio tempo per spegnere l'incendio. Devo aver fatto loro una brutta
impressione. Io li vedevo lì davanti che mi guardavano con una faccia strana,
le loro labbra si muovevano appena, qualcuno si faceva il segno della croce....lo credo bene, non capita tutti i giorni che una
ragazzina rimanga illesa mentre tutto ciò che sta intorno a lei è ridotto in
cenere, compresi i vestiti. Che dire...ero nuda, in un angolo e tutti mi
fissavano. Che vergogna! Ma non per la nudità...per il fatto che non avevo
nemmeno una leggera bruciatura, che sò..una vescica...Da lì capii che ero diversa...e lo capirono
tutti, purtroppo la cosa non fu divertente come mi sembrò all'inizio. I miei
genitori cominciarono a parlarmi sempre meno, i miei compagni mi evitavano come la peste, gli
insegnanti entravano in classe terrorizzati e presto mi consigliarono di
lasciare la scuola. Una bella sera, avevo circa sedici anni, rientrando a casa,
trovai il mio zaino vicino la porta, dentro c'erano alcuni indumenti e qualche
accessorio personale. Sulla tasca davanti era appoggiata una lettera. L'aprii,
c'erano dei soldi e un biglietto nel quale i miei genitori mi davano il ben
servito, in poche parole mi mandavano al diavolo. Sapevano della faccenda dei
mutanti e una figlia così non l'avrebbero accettata, così senza tanti giri di
parole ero fuori dalle loro vite. Misi i soldi in
tasca, girai i tacchi e me ne andai, senza mai voltarmi indietro...sapevo che
erano alla finestra ad osservarmi, appallottolai la lettera e gliela lanciai
fumante in giardino. Non li ho più rivisti. –
- E' un epilogo molto comune questo. - Disse il professore poggiandole la mano sulla spalla – La maggior parte dei mutanti viene respinta dai familiari, probabilmente vedono in noi una sorta di sbaglio genetico e questo rappresenta per un genitore una gravissima delusione. Per questo motivo, la condizione di mutante non deve essere più vista come un handicap, come una mostruosità...noi siamo come gli altri, abbiamo gli stessi sentimenti, proviamo le stesse emozioni. Io non rimprovero i tuoi genitori, loro hanno semplicemente avuto paura. La paura del diverso è ciò che voglio combattere, l'accettazione delle persone così come sono, mutanti e non, è il nostro obiettivo. -
Col suo sorriso bonario si rivolse a Yoko.
Lei era rimasta tutto il tempo con lo sguardo fisso in direzione della porta, aveva ascoltato a mala pena il discorso appena fatto dal professore, non le interessava. Quando lui le sorrise gli lanciò un'occhiata di sbieco. Voleva andarsene. Quando parlò lo fece in giapponese, certa che nessuno capisse una parola. Ripeté la frase portandosi le mani al basso ventre meravigliandosi della risposta di Ororo - Deve andare in bagno. - Disse. Yoko annuì – Cavolo! – Pensò osservandola.
Lasciò la sala inchinandosi per scusare il suo frettoloso bisogno di assentarsi, mentre gli altri le assicuravano che non c'era alcun problema. Pessima scusa ma alquanto funzionale.
Invece di dirigersi verso il gabinetto deviò in direzione dell'uscita. Non poteva più sopportare quella situazione, un manipolo di squinternati che intendeva sezionare la sua vita...dare delle risposte...che idiozia! Lei era molto di più di una mutante...era un animale, lei sapeva uccidere, lo aveva fatto in passato ed avrebbe continuato a farlo perché le piaceva...e questo, a loro, non sarebbe andato a genio. Meglio dileguarsi.
Procedeva con gli occhi bassi verso il portone, evitando gli sguardi degli allievi che le passavano accanto. Il passo sempre più svelto. Udì il rombo di una moto che si avvicinava all'istituto.
Si sarebbe servita di quel mezzo per allontanarsi, se necessario avrebbe tramortito il proprietario e in caso estremo l'avrebbe ucciso. Dettagli.
Prossima alla porta, si stava deliziando all'idea del vento che l'avrebbe avvolta alla guida della moto, quando si bloccò con la mano sulla maniglia. Dalla parte opposta qualcuno stava entrando. Ritirò immediatamente la mano e si maledì per non aver fiutato prima il pericolo imminente. La porta si aprì di scatto.
Notò dapprima gli stivali, appuntiti e molto sporchi. Poi i vestiti, pantaloni neri, una cintura con una grossa borchia nella quale era raffigurata un'aquila, una camicia a quadri coperta da un giubbotto di pelle. Le mani, nodose e possenti, chiuse a pugno. Salì verso il collo al quale era appesa una catena dalla cui pendevano due medagliette di quelle che indossano i militari. Salì ancora e le sembrò un'eternità', fino ad arrivare al volto. Sapeva chi aveva di fronte, lo aveva capito da quando ne aveva sentito l'odore, ma guardò ugualmente.
I capelli in disordine, la barba incolta e due folte basette incorniciavano un viso a lei ormai noto.
– Oh, Logan. Sei tornato! - Esclamò Ororo alle spalle di Yoko.
Lo prese per mano e lo accompagnò dentro, chiudendo la porta. Yoko fissava la maniglia.
– Allora? Come stai? Sono passati...quattro, no, cinque mesi credo! - Domandò Ororo.
Stavano procedendo verso il corridoio, la donna, molto più alta di lui, gli teneva un braccio intorno al collo, Yoko rimaneva ferma mentre si allontanavano.
– Uh, scusa! Yoko – Corse indietro. - Non ho fatto le presentazioni.-
Yoko si voltò lentamente ed incollò gli occhi su Ororo, la quale riprese:
– Lui è Logan. Come dice “ è il migliore” di tutti noi .- Rise. – Logan, Yoko Ishikawa. -
Contro ogni sua aspettativa, l'uomo le porse la mano accennando una specie di sorriso.
– Abbiamo avuto occasione di incontrarci – Disse.
– Davvero? Ma è fantastico!!
Chi l’avrebbe mai detto? –
Yoko staccò gli occhi da Ororo e fissò a lungo la mano che si protendeva verso di lei, prima di tendere la sua. Aveva una bella stretta decisa l'ometto, pensò, forte e sicura. Decise di rimandare la sua partenza ad un momento più opportuno e seguì i due che si dirigevano verso il salone della tv.
– Dovresti tornare dal professore, Yoko. Ti starà aspettando. - Fece Ororo.
– Leyla ha tante cose da raccontare...- Rispose con un inglese stentato.
– Anche tu avrai qualcosa da dire...- Ribatté Ororo.
– Perché? Le mie cose non vi interessano, tempo un paio di giorni me ne vado. - Sentenziò Yoko
che camminava dietro di loro come un cagnolino.
Ororo si sedette sul divano assieme a Logan, Yoko, in piedi vicino al camino, li osservava.
Tra i due c'era intesa, una profonda amicizia, una certa complicità. La donna, bellissima e sensuale, chiedeva di raccontarle delle formidabili imprese carezzandogli i capelli arruffati, lui rispondeva quasi grugnendo, ma molto dolcemente, posandole la mano sulla coscia. Yoko, sentendosi di troppo, si voltò verso il camino, continuando ad ascoltare i loro discorsi.
Logan era stato diverso tempo in Canada, sua terra d'origine, lì aveva costruito una piccola baita e adorava trascorrere quel poco tempo libero che aveva per pescare, tagliare la legna e fare dei ritocchi alla dimora. Le venne in mente il paragone con il lupo a cui aveva pensato durante il loro precedente incontro...veramente azzeccato. Era stato poi coinvolto in un intreccio governativo nel quale si era prodigato nel salvare una ragazzina mutante destinata ad esperimenti genetici. Che eroe.
Tutti, in quel posto, andavano fieri nell'immolarsi a favore dei più deboli, degli oppressi...meglio ancora se mutanti. Scosse la testa.
- Dovrete raccontarmi anche dove vi siete conosciuti, sono curiosa!! - Disse Ororo indicandoli entrambi con un’espressione maliziosa. Yoko guardò Logan con la coda dell’occhio.
– Vi và qualcosa da bere? - Domandò la donna dalla chioma bianca.
C'è da chiederlo? - Rispose Logan. Così Ororo si alzò, con estrema eleganza e si dileguò promettendo birra fresca. Rimasero soli.
Yoko, rimasta di schiena, era all'erta. Ogni piccolo movimento del canadese era sotto controllo.
Lo sentì frugare e aguzzò le orecchie. Niente di grave, stava accendendosi un sigaro. Serrò i pugni, lo avrebbe sistemato volentieri, bastava si facesse sotto...
– E così voi due mocciose siete mutanti... – Esclamò Logan tra uno sbuffo e l'altro.
Yoko continuava imperterrita a rimanere di spalle, il nanetto stava tentando di comunicare...inutilmente. Lei non aveva la minima intenzione di intavolare un discorso con lui. Sospirò e inciafrugliò qualcosa in giapponese.
– Piccolo verme schifoso....bel complimento. Non parlo giapponese da un pò di tempo ma, riesco ancora a capire qualcosa, bellezza. –
Rispose Logan allungando le gambe sul basso tavolino davanti al divano.
- Dovrei essere io un tantinello incazzato, visto quello che mi avete fatto, tu e la tua amichetta....non credi? - Sdraiandosi con le mani dietro la testa.
Era abbastanza! Un mutante, con le sue stesse doti di guarigione, che parlava giapponese e...cosa gravissima, esercitava su di lei un fascino particolare.......era troppo!! Senza degnarlo di uno sguardo si precipitò fuori dalla stanza dritta verso l'uscita, quando incrociò Ororo che tornava con le birre.
La urtò mandando le bottiglie in frantumi, non si fermò, nemmeno quando la donna rossa le si parò di fronte intimandogli di bloccarsi. Anzi, la sua vista le mandò ancor di più il sangue al cervello.
Alzò il pugno per colpirla. Jean tentò di entrare in contatto telepatico con la ragazza, che ormai era priva di controllo...invano, la sua forza di volontà era in grado di schermare ogni attacco mentale e non poteva andare oltre...troppo rischioso. Si sarebbe beccata il pugno se...non fosse intervenuto il professor Xavier che, spingendosi dove Jean aveva rinunciato, lanciò una sorta di saetta telepatica.
Yoko avvertì un dolore lancinante alla testa e crollò priva di sensi.
Si avvicinarono tutti. Il corpo della ragazza giaceva a terra, i lunghi capelli neri le coprivano il viso, le mani erano serrate, le nocche rosse; piccola ma letale, pensò Xavier, che per un brevissimo istante era riuscito a scorgere qualcosa della sua vita tormentata. Ancora svenuta, la trasferirono nel reparto di McCoy, dove avrebbero avuto modo di valutarne la pericolosità.
Leyla era rimasta in disparte, non era nuova alle pazzie dell'amica, c'erano stati numerosi episodi del genere, anche peggiori...forse era un bene che fosse accaduto lì, loro ci avrebbero capito qualcosa finalmente.
– E' la bestia. - Disse a bassa voce. Logan la guardò interrogativo.
– Non vuole farla uscire. Quando succede...non vuole più rientrare. - Continuò bisbigliando.
Logan si guardò le mani e pensò che nessun altro, tranne lui, avrebbe mai colto il significato di quella frase.
Hank stava esaminando il sangue che poco prima aveva estratto dalla ragazza indiavolata, ora distesa sul lettino al centro del laboratorio. Aveva dovuto agire molto in fretta, non appena veniva inserito l'ago nel braccio, la piccola ferita prendeva a rimarginarsi inglobando l'ago stesso.
Maledetto fattore rigenerante! - Aveva imprecato. Lo stesso problema che aveva con Logan e in misura minore con se stesso)
– Vediamo, vediamo...scopriamo qualcosa in più sulla nostra amichetta... -
Canticchiava. Era di buon umore, nel pomeriggio avrebbe partecipato ad una partita di baseball.
- Come immaginavo!! EH EH, sei molto più vecchia di quanto sembri tesoro! Ad occhio e croce dovresti avere sui....mmmh....accidenti!! Centoventi anni? Caspita! - Sistemò gli occhiali e si avvicinò al lettino. Yoko era ancora assopita, il colpo era stato abbastanza forte, probabilmente un’altra persona sarebbe morta all'istante, ma Xavier sapeva sempre dove andare a parare.
Hank l'aveva assicurata al letto tramite cinghie che le cingevano polsi, caviglie e addome, onde evitare altri guai. Osservò la ragazza seminuda. Aveva gambe e braccia tornite con muscoli asciutti e nodosi, segno di continuo esercizio fisico. Le dita erano affusolate, aveva delle cicatrici nella zona delle nocche, causate da un lungo sferrare di pugni. Nel complesso non era male, quando riposava riusciva pure ad essere carina. Le sentì il polso, tutto regolare.
- Ora facciamo una bella Tac, così ti do un'occhiata anche all'interno. - Spinse alcuni pulsanti che fecero ruotare il lettino sino all'imbocco della cavità della macchina esaminatrice.
Pochi minuti dopo aveva i risultati sul grande schermo luminoso. Gli caddero gli occhiali per la meraviglia. Guardò la ragazza sul letto, poi le lastre, poi di nuovo la ragazza, poi ancora le lastre.
Del fattore di guarigione quasi non se ne era meravigliato, esistevano parecchi mutanti in possesso di quello stupefacente potere, ma questo...
L'ossatura di Yoko era apparentemente normale, tranne che per gli arti superiori.
Entrambi gli avambracci erano dotati di cavità nelle quali erano alloggiate delle escrescenze ossee, guardando attentamente, si potevano distinguere tre artigli per ogni braccio in prossimità dei polsi. Tre artigli retrattili che confluivano in direzione delle nocche.
- Ecco il motivo delle cicatrici... –
Il dottor McCoy continuava a fissare lo schermo scuotendo la testa. Prese il telefono:
- Professore, sono Hank. Può gentilmente raggiungermi in infermeria? Ho qualcosa da mostrarle.-
Riagganciò senza perdere d’occhio la paziente che cominciava a riprendersi.
Yoko era sprofondata in una sorta di limbo, sapeva di essere ad un passo dalla realtà ma temeva i propri sogni, la riportavano sempre nei luoghi del passato, in posti che aveva cercato di dimenticare.
Stava percorrendo una stradina di campagna, sterrata e attraversata da canali simili a binari, nei quali erano soliti passare i carretti dei mercanti. Conosceva molto bene quella via, la percorreva ogni giorno per raggiungere la città, ora stava tornando a casa. Casa.
Ordinò alle gambe di fermarsi ma non obbedirono, superò una staccionata….
C’erano delle orme sulla terra, estranei.
Continuava ad avanzare. Qualcosa stava bruciando, odore di morte.
- Stupefacente! – Commentò Xavier – Immaginavo che la ragazza nascondesse qualcosa di più ma non avevo più visto niente del genere…-
- Dopo Logan, intende? – Intervenne Hank
- Noi vediamo Logan com’è adesso, col suo scheletro potenziato con l’adamantio, è così che si presentava prima dell’innesto e, ricordi Hank? Quando Magneto lo privò del metallo?Non ti sembra identico a quello di Yoko? Ricorda vagamente anche quello di Marrow, la ragazza dalla curiosa struttura ossea. -
- Una specie di Wolverine in gonnella? – Sorrise il dottore.
- Che ne pensi? –
McCoy si fece serio, lucidò gli occhiali per l’ennesima volta e continuò :
- Haem…la ragazza è chiaramente di origine occidentale, capitata in Giappone chissà per quale motivo, la sua corporatura è piccola ma molto potente, è dotata di agilità e ipersensi, fattore rigenerante che ne rende difficile la datazione dell’età e artigli ossei retrattili. Ah, dimenticavo…ha anche un pessimo carattere, ma questo lo abbiamo appurato tutti... –
- Pensi possa avere un qualche legame genetico con Logan? - Chiese Xavier avvicinandosi allo schermo indicando le radiografie.
- Vuole dire…una possibile figlia? Lo escludo! E’ troppo vecchia. Forse una parente lontana? Dubito anche di questo. Ho confrontato il loro DNA, non corrisponde. Direi piuttosto che è molto probabile che discendano da un ceppo comune, evoluto poi in rami diversi, ma sono ipotesi… –
L’odore era pungente. Voleva tornare indietro, voltarsi e scappare, ma non poteva. Non si comandano i sogni. Ora la casa era di fronte a lei, le porte scorrevoli erano aperte, alcuni pannelli rotti. Due uomini giacevano senza vita nei pressi della fontana, uno di loro aveva la testa immersa nell’acqua divenuta ormai rossa. Odore di morte. Accelerò il passo, aggirò il patio disseminato di cadaveri, arrivò nel giardino sul retro…seguiva l’odore. Qualcosa stava bruciando.
L’odore era chiaro e distinto eppure la mente continuava a negare l’evidenza. No!! Urlò a se stessa. Non doveva proseguire, sapeva cosa avrebbe trovato. No!! Correva tra le siepi, mentre le lacrime le rigavano il volto, le sentiva salate sulle labbra…correva, mentre un lamento le si strozzava in gola, mentre si avvicinava alla distruzione. No!! Quello che stava per vedere avrebbe cambiato la sua vita. La bestia. No!! Serrò gli occhi. Buio.
- Maledetti figli di puttana!! Lasciatemi!! –
- Calmati ora! – Disse Hank, assicurandosi che le cinghie fossero ben strette.
- Vogliamo solo aiutarti. – Fece Xavier, dolcemente, accarezzandole la fronte.
Yoko, per tutta risposta gli ringhiò contro spedendogli uno sputo in faccia.
- Bastardi!! Non voglio l’aiuto di nessuno!! – Riprese, divincolandosi. – Lasciatemi!! –
Hank corse all’armadietto dei farmaci e preparò una siringa con una potente dose di tranquillante, poi, con un gesto rapido, la schiacciò contro la spalla di Yoko. Xavier continuava a tenerle la mano sulla fronte, a poco a poco la ragazza smise di agitarsi.
- Caspita! Le ho sparato una dose che farebbe dormire un elefante!! – Sospirò Hank chinandosi per ascoltarle il polso.
- Dobbiamo decidere cosa fare di lei. Dormirà per un altro po’…tu
raggiungimi nel mio studio.-
Il professore diede un’ultima occhiata, si ripulì il volto dalla saliva e pilotò la sedia a rotelle verso l’uscita.
- Stai buonina ragazzina. Zio Hank torna subito. – Controllò ancora una volta le cinghie e si diresse nell’ufficio di Xavier.
Di nuovo la fontana, l’uomo con la testa immersa nell’acqua rossa, il patio con i corpi senza vita…l’odore di qualcosa che brucia.
Ancora le gambe che non vogliono obbedire, la corsa oltre il giardino. No!! Non l’avrebbe sopportato!! Poi, d’un tratto, qualcosa cambia. E’ davanti alla fontana, non c’e’ più l’uomo riverso su di essa, l’acqua e’ limpida, uno specchio. Yoko si avvicina, si sporge, ma lo specchio non riflette la sua immagine….chi la guarda e’ un essere dal volto stravolto da una maschera d’odio, la bocca aperta mostra i denti aguzzi. Allunga la mano per cancellare quello spettacolo, ma dalla parte opposta, l’essere le porge la propria dalla quale fuoriescono tre lunghi artigli appuntiti. La bestia.
Era sveglia, aveva gli occhi rivolti al soffitto, il corpo tremava…era ancora una volta sfuggita all’animale che la perseguitava da un tempo infinito. Annusò, non era sola.
Logan era lì, le dava le spalle, stava osservando le radiografie appese allo schermo.
- Hai qualche altra sorpresa in serbo per noi? – Le domandò restando di schiena.
Yoko aveva la testa voltata verso la parete, piangere l’avrebbe fatta sentire meglio ma…non sarebbe stato nel suo stile, quindi strinse gli occhi ricacciando dentro le lacrime e rispose:
- No. Non c’è nessun’altra sorpresa. Non è già abbastanza? – Lui le era accanto, ne sentiva distintamente il battito del cuore, non capiva come mai, ma la sua presenza la rassicurava.
- Slegami. Mi fanno male i polsi. -
- E poi? Tenterai di colpirmi? Stavolta però non mi farò sorprendere, cocca. –
- Non farò niente del genere, credimi. Hai la mia parola. –
- See, come no? Sei proprio il tipo che ispira fiducia… -
- Senti chi parla. –
Logan sorrise, Yoko non lo vedeva ma avvertiva che la tensione era ormai svanita. Abbozzò anche lei un vago sorriso. Era un posto in cui le regole venivano osservate scrupolosamente, quindi, sarebbe rimasta lì, legata, finché il prof e soci non avessero deciso sulla sua sorte.
Stava pensando alla disciplina, una sorta di comandamento al quale aveva creduto ciecamente mille anni prima…all’onore, alla fede, all’insieme di valori che avevano fatto di lei una grande combattente……quando, sentì trafficare con i legacci.
Logan stava slegando le cinghie che la bloccavano al letto e lo stava facendo contro gli ordini del professore.
- La tua amica ha detto una cosa che mi ha incuriosito…noi due dobbiamo parlare. -
- Che fai? – Domandò sorpresa.
- Quello che hai chiesto, non vedi? – Rispose liberandole dapprima le gambe e passando poi al busto.
- Ma ti avverto. Alla prima mossa sbagliata ti stendo!! - Liberò le braccia. - Intesi, cocca? –
Yoko fece cenno di sì con la testa.
- Ce l’hai ancora con me per la faccenda dei soldi? - Azzardò scendendo dal letto.
- Ammetto che per un po’ ho pensato di farvi fuori. – Rispose Logan sedendosi sulla poltrona girevole di Hank. – Poi ho pensato che sarebbe stato più divertente spaventarvi. -
Yoko si sentiva debole e frastornata, il sedativo le stava dando ancora problemi. Prese a camminare incerta su e giù per la stanza, le gambe erano malferme. Logan ne seguiva gli spostamenti roteando a destra e sinistra in perfetta sincronia. Doveva smaltire gli effetti del farmaco, doveva ragionare…
Le gambe erano più stabili, si fermò davanti ad una parete di metallo e si guardò.
L’immagine sfocata mostrava il suo corpo reso ancora più pallido dalle luci al neon. Indossava una maglietta bianca allacciata dietro la schiena, le maniche erano girate un paio di volte sugli avambracci, i capelli neri folti e lisci ricadevano scomposti sulle spalle e davanti agli occhi. Guardò oltre, dietro di lei Logan continuava a fissarla giocherellando con una penna. Abbassò lo sguardo e capì il motivo di tale interesse. Era senza dubbio attirato dal fatto che la maglietta corta lasciava in bella vista la parte inferiore del corpo. Per la prima volta in vita sua, Yoko provò vergogna.
Quell’uomo la metteva in imbarazzo. L’aveva scelto in mezzo a decine di altri uomini, credendolo il pollo di turno, invece, inconsciamente l’aveva scelto perché attratta; era fuggita da lui con la speranza di incontrarlo ancora ; aveva gioito nel ritrovarlo lì nell’istituto ed ora, mezza nuda, si stava sciogliendo come un gelato sotto i suoi occhi, in un miscuglio di pudore e piacere.
Molti uomini erano entrati a far parte della sua esistenza, li aveva per lo più usati, traditi, prosciugati della loro dignità, ma niente di più. Alcuni l’avevano chiesta in sposa ricoprendola di ricchezze, altri come guardia del corpo dai compiti ‘particolari’, altri ancora avevano pagato profumatamente per una notte ‘diversa’….ma non aveva mai provato interesse per loro.
Era una regola, una delle poche che nonostante tutto riusciva ad osservare e lo avrebbe fatto sino alla morte. Non lasciarsi coinvolgere sentimentalmente, non amare, mai più.
A parte queste considerazioni, quell’uomo la turbava. Era diverso tempo che non se la spassava con qualcuno che le piaceva veramente, sarebbe stata un’occasione ghiotta, da non lasciarsi sfuggire.
Prese una decisione, Logan sarebbe stato suo.
- Sono ancora di tuo gradimento? – Gli disse con un filo di voce accarezzandosi i fianchi.
Logan non se lo aspettava, si bloccò con la penna a mezz’aria e la bocca aperta. Stava per proferire qualcosa, quando McCoy fece ritorno accompagnato da Mrs Grey. Tempismo perfetto!
- Ma bene, l’hai slegata tu? – Chiese Hank tenendosi a dovuta distanza.
- Non è pericolosa – Rispose lui alzandosi e lanciando la penna che centrò perfettamente un ridicolo portapenne a forma di ippopotamo sul tavolo poco lontano.
Yoko tornò a sedersi sul bordo del letto a braccia conserte, assumendo l’aria di un animaletto docile.
- L’ho osservata attentamente – Fece Logan rivolto a Jean Grey.
- Non avevo dubbi – rispose lei, impassibile. – E’ una femmina, non poteva sfuggirti –
Logan sbuffò e prese un sigaro dalla tasca del giubbotto.
- Ti sembra il luogo adatto per fumare? – Protestò Hank, indicandogli la porta.
Con il sigaro spento penzolante da un lato della bocca, Logan si avviò verso l’uscita, non prima di essersi fermato accanto a Jean sussurrandole: - Lo sai che ho occhi solo per te. –
Yoko fu leggermente contrariata.